La pittura è il linguaggio del cuore, dell’anima e della mente.
Per il tramite della figurazione e trasfigurazione visuale l’uomo inventa la sua creazione secondaria a colori.
L’artista ausculta dall’intorno le pulsazioni del paesaggio, le metabolizza entro la propria sensibilità e le ripropone in dimensione sublimale. Per farsi poesia dell’immagine.
In questo ambito di percezione e restituzione del bello si pone la tavolozza di David Dragoni. Che smisura la sua curiosità estetica ed intellettuale entro un paesaggio panico che si dissolve in orizzonti lontani, laddove la solarità mediterranea si declina con la luce nordica, sospinto da quell’urgenza che insorse negli impressionisti francesi nel secolo XIX.
Sovente l’artista di Assisi che è dotato di un appropriato taglio coloristico e di molteplici tecniche compositive, pone in essere un’attenzione al nudo femminile, interpretandolo nella sua accezione di bellezza intrigante e fortemente foriera di accaldate sensazioni sensuali.
Non di rado enfatizza con l’incendiato rosso, con la prorompenza delle aggettivazioni femminili, con la cura del colmo panneggio, con la coinvolgente espressività del viso e con il contrasto di carnose nature morte, atmosfere magiche e misteriose che ci conducono in stati di “éblouissement”.
Ma Dragoni che non disdegna tecniche moderne e differenti materiali sperimenta soluzioni pittoriche essenziali e felici geometrizzazioni che lo allontanano dalla pittura passatista e evasiva.
È un artista di valore non solo perché rifiuta i luoghi comuni e le facili soluzioni, ma anche perché i suoi esiti suscitano una captatio per l’occhio, il cuore e la mente. E in temi di ingannevole virtualità, la pittura di David Dragoni ci aiuta a vivere di più e meglio la dimensione del bello. E Dio sa se ne abbiamo bisogno.
Prof. Giovanni Zavarella
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