La chiesa in stile romanico, fa parte del gruppo degli edifici sacri più antichi della città. Qualche storico sostiene che fu costruita sui resti di un Tempio etrusco dedicato a Giove, sul qual sarebbe stata edificata in antichità una chiesa Paleocristiana dedicata a S. Giovenale, vicino ad un altro edificio dedicato a San Savino, del quale ora rimane traccia in un affresco di Ugolino d’Ilario nella Cappella della Corporale in Cattedrale.
Veniva anticamente indicata come l’antico Duomo, vista la presenza del campanile, dell’ospedale e del fonte battesimale. Inoltre erano ad essa sottoposte molte altre chiese del circondario.
All’interno uno dei più antichi testi in volgare orvietano
Interessante anche l’interno della chiesa contenente molte pitture di epoca medievale, ben conservate. L’altare completamente in marmo è un interessante esempio di scultura a forme bizantine. La parete frontale riporta un bassorilievo scolpito con un intreccio di nodi di tipo longobardo dove ai lati alcune colonnine sorreggono piastrini d’angolo molto originali raffiguranti una colomba, un grifo, un abate officiante, San Giovenale e San Michele Arcangelo con in mano un giglio tripartito, segno da mettersi in rapporto con l’eresia patarina.
Ai piedi dell’affresco (dx altare), non ben conservato che rappresenta San Guglielmo abate, è presente uno dei più antichi testi del volgare orvietano.
Nella navata centrale c’è una lastra tombale dove è scolpita la figura del cardinale Ugolino Malabranca a grandezza naturale.
Eresia dei Patari
Diffusa durante nella seconda metà del XII secolo, raccoglieva adepti nella parte rurale della parrocchia di San Giovenale. I seguaci di questa setta, appoggiati dai ghibellini nel 1199 uccisero Pietro Parenzo rettore della città, che favoriva i guelfi. La leggenda racconta che il sangue venne raccolto e racchiuso dentro un tassello nel petto del Bambino dell’opera conosciuta come Madonna di San Brizio conservata nel Duomo.